E venne il giorno del tappo a vite…

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…anche per il Valpolicella Classico, ilValpolicella Superiore e il Valpolicella Valpantena.

Sì, non di sola pianura, fondovalle, e terreni più o meno freschi (in cui è lecito o meno piantar vigne) si è parlato all’assemblea dei soci del Consorzio della Valpolicella tenutasi giorni fa (nostri articoliquiquiqui e qui).

Ma anche di altre, e direi più sostanziali, modifiche alle regole di produzione.

Una di queste, come anticipiamo nel titolo, è proprio la possibilità di usare il tappo a vite anche per i tre vini suddetti. Una scelta (finalmente) saggia, opportuna e condivisibile, e non solo perchè il tappo a vite è richiesto da tempo dai mercati nei quali quei vini finiscono (ricordiamo che, ad oggi, la maggior parte della produzione della Valpolicella prende la via dell’estero), ma anche per un intentodidattico; il tappo a vite è infatti una chiusura assolutamente consigliabile anche per vini che aspirano ad una certa longevità, come potrebbe (dovrebbe) essere il Valpolicella Superiore. L’esperienza austriaca (che ha adottato il tappo a vite da una ventina d’anni) insegna. E chi pensa che aprire una bottiglia così sia meno elegante e/o ritualesi ricreda.

Procedendo con l’esame delle modifiche, che dovrebbero diventare operative nella vendemmia 2014, inciampiamo poi in aspetti decisamente tecnici, che la dicono lunga sulla sfrenata fantasia (per non definirla contorta mentalità) dei produttori valpolicellesi.

Per esempio: sapevamo che l’attuale disciplinare di produzione del Ripasso ammette nello stesso la presenza (fino ad un massimo del 15%) di vino atto a diventare Amarone (“taglio migliorativo”lo chiamano). Con il nuovo disciplinare, tale facoltà diventerà obbligatoria in casi eccezionali, quali, ad esempio (ma la nostra è solo una supposizione) annate sfavorevoli alla produzione di Amarone. Questo significa che, in casi eccezionali (appunto) le aziende si vedrebbero decurtate di una percentuale (fino ad un max del 15%) della loro abituale produzione di Amarone, per decisione del Consorzio (o di chi per esso: magari del famoso tavolo interprofessionale più volte invocato edevocato e di cui, ad oggi, si continua a non sapere nulla). Notizia sicuramente spiacevole per chi di Amarone è solito produrne tanto, ma soprattutto per chi, invece, ne ha sempre fatto poco… sebbene sappiamo che molti produttori artigianali della Valpolicella sono avvezzi a certi sacrifici, conoscendo il loro senso di responsabilità.

Un colpo alla botte e uno al cerchio: sempre nell’intento di salvare capra e cavoli (cioè quantità di produzione e qualità del prodotto, versione agricola del celebre problema della quadratura del cerchio), è stata anche deliberata la possibilità di ritardare l’entrata in commercio dell’Amarone (sempre nei famosi casi eccezionali e limitatamente all’annata) e di alzare al 4° anno l’età minima delle viti da cui si prenderanno le uve da mettere a riposo per fare Amarone e Recioto. Infine, si è stabilito che vinacce e vino da ripassarci sopra dovranno appartenere allo stesso produttore: non sarà più possibile comprare vino da utilizzare per le proprie vinacce, nè vendere le vinacce a chi non ne ha abbastanza per i propri vini (una pratica che ha procurato più di un mal di testa ai poveri tecnici di Siquria, impegnati a certificare l’intero processo produttivo).

Perchè, sì, in Valpolicella non si scambiano solo cortesie (a colpi di comunicati stampa), ma anche, più pragmaticamente, vini e vinacce.

Da pianura o da collina.

[Questo post è stato pubblicato in origine su Vinopigro.it]